Un ciclo di mostre per celebrare l’anniversario

Per celebrare il centenario della nascita del pittore romagnolo, nel corso del 2021 una grande retrospettiva tocca Bagnacavallo, Faenza, Bologna, Ravenna e Rimini, dove in ciascuna sede sono approfonditi i diversi periodi della sua produzione artistica. La rassegna è promossa dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dall’Associazione Percorsi e dal circolo Arci di Mezzano, unitamente ai Comuni e alle istituzioni via via coinvolte, con il patrocinio del Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna

Nell’ambito delle celebrazioni dedicate al Centenario della nascita (1921-2021), la Galleria comunale d’Arte di Faenza presenta un’ampia esposizione delle opere di Giulio Ruffini, che prende il via dal percorso originario del pittore romagnolo, partendo proprio dal suo primo dipinto in assoluto, una “natura morta” datata 19 novembre 1942. “Nei decenni successivi – scrive Franco Bertoni, curatore della mostra, nell’introduzione al catalogo – nonostante le pressioni del presente che lo hanno portato a realizzare cicli identificativi del suo percorso artistico e anche del suo impegno civile e morale, è tornato, quasi fosse posseduto da una ossessione del primo amore, a dipingere nature morte, molte delle quali proprio su tavola e, spesso, con un liberatorio abbandono alle più intime sensazioni, alla bella pagina e alle infinite possibilità di un colore che ammalia per sottili metamorfismi e potere epifanico”. Ed è proprio su questo filone che si concentra l’esposizione, che arriva dopo la retrospettiva “1950-1967” di inizio anno a Bagnacavallo, paese natale dell’artista, a pochi giorni dall’apertura della terza mostra, a Bologna (Sala Ercole di Palazzo d’Accursio, 6-27 novembre): l’antologica “Audacia e prudenza”, a cura di Beatrice Buscaroli.

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L’esposizione di Faenza rappresenta il secondo evento in calendario quest’anno. Presso il Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo – di cui fu proprio la frazione di Glorie a dargli i natali – è stata allestita dal 18 febbraio al 4 luglio la mostra dal titolo “Giulio Ruffini. L’epica popolare e l’inganno della modernità (1950-1967)“, dedicata alla prima produzione del pittore, quella che va dai suoi esordi fino a un anno cruciale che cambierà il corso del suo percorso artistico: il 1967.

Si tratta di un periodo di fondamentale importanza per l’intera sua carriera: mai come in quegli anni infatti il suo personale racconto della Romagna delle campagne e dei braccianti riesce a ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle dinamiche dell’arte nazionale, in particolare nell’ambito del neorealismo.

Ma sono anche anni di ricerche instancabili, che lo portano a misurarsi con nuovi linguaggi e nuove ansie, che pongono sempre al centro della sua attenzione le solitudini dell’uomo ed i soprusi inferti dalla dissennata corsa della società del “boom economico”. 

Bagnacavallo ha già dedicato a Giulio Ruffini un’antologica nel 1980 in occasione della mostra “1945-’60. Aspetti dell’arte romagnola. Folli, Ruffini, Verlicchi”, e nel 1999 ha esposto le sue incisioni, donate dall’artista stesso al Comune di Bagnacavallo nel 1989 e nel 1999. Il  Museo Civico delle Cappuccine conserva oggi 340 incisioni, 10 disegni e 5 dipinti di Giulio Ruffini.